sabato 29 giugno 2013

Post ricaricato #3: "Mail vs. Palline.... meglio Skype!"

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DeederVel (Mattia Dui)


Sì, se devo proprio dire la verità, forse ho trovato un metodo quasi più efficace di mail e palline immaginarie.
Si chiama Skype.
Oggi io e la mia host family ci siamo parlati "faccia a faccia" per la prima volta.
io...io non lo so. voglio piangere. Sono la cosa più dolce che abbia mai visto.
Quando ho ricevuto la chiamata mi è preso un colpo al cuore, all'inizio non volevo neppure rispondere.
Però ho risposto.
Insomma, so che non ve ne importa niente di sapere come è andata nei minimi particolari, ma dovete anche capire che in parte questo blog è anche per me.
Tra 20 anni verrò alla ricerca di questo link per ricordarmi cosa successe in quel lontano 29 giugno 2013.
E quindi via con la descrizione fin nei minimi particolari, yuhu!
Da sinistra a destra avevo Sx-san, Mxx-chan, e Rxxx-chan s una sedia. Dietro, fra S. e M., c'era K-san con Rxx-chan accoccolato in braccio. Appena ho visto la scena mi sono sciolta, avrei voluto gridare "MAQUANTOSIETECARINIIIII". Fortuna che mi sono trattenuta.
Lasciate che vi descriva la dolcezza della scena con Sx-san che dava il via e uno alla volta con le loro vocettine si presentavano.
"M..M..desu. Hajimemashite."
"M..R..desu. Hajimemashite." (Rxxx, Dio mio, che soggetto che sei ♥)
Alla volta di Rxx-chan ho sentito un "ashushashu" e una risatina e lui che velocemente si nascondeva fra i capelli di K-san.
Se devo dire la verità, mi ero immaginata che fossero dolciosi, ma fino a questo punto...awww ♥♥♥
Sx-san parla mezzo in portoghese, è troppo divertente! non capisco molto, ma ok, apprezzo comunque il suo gesto.
Poi Sx-san ha fatto: Se avete una domanda per Marta (loro mi chiamano così nghh) alzate la mano".
tre manine si sono alzate in simultanea.
"LOL, ora mi ammazzano", ho pensato. Invece no, sono stati bravissimi. A eccezione di Rxx (ma diamine ha solo 2 anni), gli altri due parlavano benissimo, hanno scandito tutte le parole e ho capito tutto. (≥Δ≤)
Mi hanno fatto domande totalmente inutili, come i cibi che mi piacciono, quelli che odio e il mio colore preferito. Rxxx mi ha chiamata più volte Marta-chan e io stavo per commuovermi.
Mxx-chan mi ha fatto l'elenco dei colori in inglese con il suo adorabile accento giapponese.
Rxx si arrampicava sulla sedia come una scimmia e continuava a dirmi "nisai" (ho due anni) o un più semplice "bu! bu!" il cui senso mi è ancora oscuro(forse faceva il verso ai fuochi d'artificio).
ad un certo punto Rxxx, cercando di mettersi le cuffie, essendo troppo grandi, gli sono scivolate e per riprenderle , per sbaglio, si è infilato il microfono nel naso! Non ce l'ho fatta a non ridere!
Mi ha detto che odia i pomodori e Mxx si è affrettata ad aggiungere "biggu! (big)" incrociando le braccia come a dire "non gli piacciono i pomodori grandi", "sumoor (small)" e poi ok, come a dire "ma quelli piccoli sì".Sx-san e Kx-san mi hanno spiegato meglio gli orari della scuola (inizia  a un quarto alle 9, capite? significa che posso svegliarmi tranquillamente alle 7!) e poi mi hanno detto che il primo giorno mi accompagnano in macchina, il  secondo e il terzo prendono il treno con me per mostrarmi le fermate giuste e dal quarto lasciano che mi arrangi da sola.
Hanno addirittura comprato una nuova macchina a 7 posti per poterla usare anche con me; mi sono sentita troppo in colpa! Mi hanno già detto che mi porteranno a vedere Kyoto (♥) e che forse un giorno andremo alle terme...
Cari Mxxx, se volevate farmi affezionare così tanto a voi e farmi sentire parte della famiglia, beh, ci siete riusciti benissimo.
Alla fine stavo quasi per piangere, perchè vorrei già essere là.;;
Questi 60 giorni passeranno così lentamente...

venerdì 28 giugno 2013

Post ricaricato #5: "Nihongo no Gakkou"

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DeederVel (Mattia Dui)



Assolatissimo pomeriggio di inizio settembre. Mi pare di ricordare che la scuola non fosse neppure ricominciata.
Ricordo la fitta allo stomaco e l'opprimente sensazione di essere fuori posto, completamente sbagliata.
In mezzo all'ingresso di quella scuola elementare di Sorgane, ma che in realtà quel sabato pomeriggio si era trasformata diventando un pezzo di Giappone. Gruppetti di donne dagli occhi affusolati che parlavano tra di loro fitto fitto, cartelloni completamente scritti in hiragana, bambini giapponesi che mi correvano intorno alle ginocchia.
E io, lì impalata, a guardarmi intorno con una voglia matta di scappare a casa.
Ecco il mio primo ricordo della scuola di giapponese. Ammetto che quel giorno provai un disagio immenso.
Una signora mi condusse fuori dalla scuola, fino a un Circolo Arci, a meno di 50 metri di distanza. Mi fece entrare in una stanza piena di uomini (rigorosamente italiani) seduti a dei tavolini di plastica bianca, mentre una giovane donna giapponese stava scrivendo delle cose su una lavagnetta magnetica.
Nella breve distanza tra la scuola ed i Circolo mi aveva spiegato che nelle aule delle Elementari facevamo lezione tutti i bambini delle coppie miste italo-giapponesi, mentre dove mi stava portando, si teneva un corso tutto speciale dedicato ai babbi italiani.
Già dopo la seconda lezione chiesi di essere spostata al corso avanzato, quello dei babbi che studiavano da più tempo. Un po' perché tante cose le avevo già studiate per conto mio, un po' perché avevo lo specifico obiettivo di imparare quanto più possibile.
All'inizio per rimettermi in pari ho fatto una faticaccia. non scherzo, non sapevo neanche la differenza fra jishokei e masukei.
Una delle mie grandi fortune è stata Shiho - sensei.
Lei è stata la mia insegnante per questi due anni. Shiho sensei ... mi mancherà tantissimo.
L'insegnante migliore che abbia mai avuto. Lei è stata il mio pezzettino di dolcezza alla fine di ogni settimana, il sorriso sempre stampato su due guanciotte morbidissime. Sembra fatta di zucchero. é sempre pronta a rispiegarti le cose anche 10 volte, sempre con quella voce pacata, sempre con il sorriso.
Scherza con noi, si interessa a quello che facciamo...
Le sue lezioni sono, sempre divertenti, con i babbi fanno a gara a chi mi racconta più cose sul Giappone....
Nonostante ciò è anche ottima nell'insegnare. Mi ha aiutata tantissimo e mi ha insegnato tantissimo. Senza accorgermene sono diventata piuttosto brava.... insomma, considerando che dopo due soli anni riesco a sostenere delle conversazioni decenti in giapponese, ho passato il famigerato N5, riesco a comunicare in giapponese via mail con la mia host family...mica poco!
Sono convinta che se ci avessi messo un pò' di impegno da parte mia, ora parlerei ancora meglio!
Un'altra parte fondamentale della mia scuola, le persone senza le quali non potrei concepire la mia attuale esistenza, quelli sono i babbi.
No, scusate, magari vi farà ridere, ma io ho qualcosa cme 15 secondi babbi adesso, fra corso avanzato e principianti.
Ovviamente ci sono dei babbi più babbi di altri sia chiaro.
Fra questi voglio ricordare, seguendo l'ordine dei banchi partendo da sinistra Pa...-san, En....-san (e tutte le loro meravigliose avventure da sbandieratori in giro per il mondo), Ant.....-san (lui è quello più studioso di tutti), Al.....-san (ha la battuta sempre pronta, ANCHE IN GIAPPONESE!) e Ma......-san (che anche se negli ultimi tempi non è venuto per stare dietro alla costruzione della sua nuova casa, è comunque uno dei miei babbi).
Questi 5 uomini, non mi basterà una vita per dire tutto il bene che voglio loro.
Mi hanno presa e mi hanno trattata come la loro bambina. Ogni santo sabato dalle 3 alle 6 sono stati con me, mi hanno srotolato davanti le loro vite bellissime, mi hanno parlato del Giappone e delle sue usanze, mi hanno dato consigli...
Posso felicemente dichiarare che per me passare i sabati pomeriggio con loro invece che uscendo con i miei amici è stata la scelta migliore che potessi fare. Nessun rimpianto. Se vi dicessi che ho pianto una serata intera dopo l'ultima lezione perchè non li avrei rivisti per un anno, ci credereste? Ho pianto per loro, che vedevo una volta a settimana per 3 ore e non ho versato una singola lacrima l'ultima volta che ho visto i miei compagni al liceo.
Il mio percorso alla scuola di giapp nese è stato lungo, ma divertente . Suppongo davvero che, se non fossi stata accettata per l'exchange programme in Giappone, avrei continuato ad andare lì forse anche fin dopo la quinta superiore.
Grazie alla scuola, ai babbi, alle loro fantastiche mogli giapponesi con cui chiacchieravo spesso, grazie ai bambini che mi sono baloccata tanto, alle feste che la scuola organizzava di volta in volta (mercatini,undokai, omochitsuki, concerti, spettacoli) sono davvero riuscita ad entrare dentro la splendida cultura giapponese. Ho capito il modo per farne parte meglio che posso, ho capito i meccanismi che la regolano. Ho conosciuto molte persone fantastiche che nel mio cuore occuperanno sempre un posto speciale. Sempre. Nella mia memoria ci saranno sempre le panchine fuori dal circolino su cui sedevamo aspettando di entrare a lezione, i piedini della sensei che calzavano spesso delle ballerine, o la sua adorabile espressione di quando disse che le piacevano gli oggetti a forma di fungo. Ricorderò sempre il doppio espresso di Pa... e tutte le sue storie che ascoltavo a bocca aperta, la cartelletta di En.... e i suoi consigli da "vero babbo", Ant..... che era sempre a sfogliare il suo dizionarietto, Al..... vestito da cervo durante la nostra recita di fine anno scolastico, e Ma...... con sua moglie di Hiroshima, che però parla un fiorentino così d.o.c. che ogni volta a sentirla la volevo abbracciare.
Adesso, facciamo un gioco che fanno sempre fare a noi exchange students; hai un freezer e una botte. Nel freezer metti le cose che al tuo ritorno vuoi ritrovare intatte come quando sei partito, nella botte metti le cose che vuoi maturare.
La scuola di giapponese è una delle poche cose che vorrei mettere nel freezer.
il punto è che il freezer non esiste.
Tornerò e saranno cambiate decine di cose. E se non sono cambiate loro, sarò cambiata io. Non avrò più bisogno di frequentare il corso dei babbi; posso sempre tornare, ma non mi siederò di nuovo dietro ai banchi con loro. Non sarà mai come prima.
Il pensiero mi rattrista così tanto.
Ma crescere è anche questo; rinunciare a qualcosa di bello per ottenere qualcosa di più bello, fare scelte, cambiare.
Non fa niente. Sono contenta perchè ho vissuto dei momenti bellissimi, momenti che mi prenderanno sempre un posto graaaande così dentro al cuore finchè non muoio. Lo giuro.
Sono contenta di aver pianto perchè vuol dire che che ho dato e ricevuto amore.
Ho dato e ricevuto così tanto amore che mia mamma, vedendomi piangere, si è commossa.

Cara scuola di giapponese, non pensare di liberarti tanto facilmente di me! io torno, poco ma sicuro!

giovedì 27 giugno 2013

Post ricaricato #4: "Quando anche le tendine ti prendono in giro"

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DeederVel (Mattia Dui)



Premetto che è una cosa che ho notato solo ora, dopo quasi un mese che ho il placement.
Durante il mio primo anno alla scuola di giapponese (una scuola molto particolare di cui vi parlerò presto) sotto Natale venne organizzata una sorta di fiera. Dio solo sa quanti onigiri mi sono mangiata quel giorno...
Comunque. A uno di questi stand vendevano delle tendine piccoline con delle stampe...
Su una di queste stampe c'era una scritta in hiragana. Siccome ero con il babbo e dovevo mostrargli che qualcosa lo stavo effettivamente imparando, la lessi ad alta voce.
"Oide....oideyasu!"
"Oh", aveva esclamato un po' sorpresa la signora alla bancarella, "Sai leggere in hiragana?"
Così mi aveva spiegato che la stampa rappresentava il castello di Osaka e che la scritta, se la memoria non mi inganna, voleva dire "benvenuto" in dialetto.
"Dai", aveva detto il babbo, "compriamola!"
Mio padre è un uomo così, un uomo fantastico, sia chiaro, ma quando vede qualcosa di minimamente accattivante vuole subito comprarla, non importa quanto inutile sia.
Stranamente quella volta però non ho tentato di dissuaderlo.
In quanto all'oggetto dalla natura profondamente inutile, per un anno e mezzo lo abbiamo appeso in posti sempre diversi a seconda di dove non dava noia. Insomma, zitta zitta è stata sempre lì in bella vista sotto i miei occhi.
Solo ora mi rendo conto che qualcuno lo aveva sempre saputo. Né io che fui attratta da quella tendina, né il babbo che propose di comprarla.
Qualcuno aveva sempre saputo come sarebbe andata e ha voluto che avessi sempre quella maledetta tendina sotto gli occhi.
Che avessi sempre un'immagine di Osaka con la scritta "benvenuta".

Quanto è strano il mondo a volte...

mercoledì 19 giugno 2013

Post ricaricato #2: "Mail vs. Palline: ecco i pro e i contro"

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DeederVel (Mattia Dui)



Al contrario di quanto deducibile dal titolo del post, non mi metterò davvero ad esporre i pro e i contro dei due metodi.
Per quanto mi riguarda sono tutti e due validissimi.
La pallina è qualcosa di estremamente efficace; è andata dritta per la sua strada e ha portato il messaggio forte e chiaro: infallibile.
Purtroppo però non potevo permettermi di comunicare telepaticamente con la mia host family, mi sono dovuta accontentare delle sicuramente meno romantiche e più fraintendibili mail.
Da circa una settimana non faccio che scambiarmene con il babbo ospitante che chiameremo affettuosamente SX-SAN.
Premetto che lui mi ha espressamente detto di non saper parlare molto bene l’inglese e che quindi tutte le nostre conversazioni sono in giapponese, ergo, ci metto secoli e secoli a rispondergli.
Mi ci vuole in media un’ora solo per tradurre cosa mi scrive, e nell’ultima settimana è stato un po’ difficile trovare il tempo con questo scambio con i ttetteschi (?) di mezzo.
Già il dolce SX-SAN non fa che aumentarmi il livello di difficoltà ad ogni mail che mi manda (non fa che aggiungere forme grammaticali mai viste né sentite e usare kanji da 1231435645765685757664 tratti tutti appiccicati gli uni agli altri), in più mi ci metto io con le mie manie di voglio-fare-la-pro-ma-non-mi-riesce, che alla fine di tutte le cose che vorrei scrivergli riesco si e no a esprimerne la metà. E male.
È qui che veramente inizio a tirar giù il cielo a suon di imprecazioni.
Pur avendo studiato giapponese per due anni, posso felicemente ammettere che lo so Malissimo, e quindi le mie risposte sono alquanto stentatelle e incomplete. Vorrei urlargli che amo lui e la sua famiglia, che mi hanno salvato la vita accettandomi, che qualsiasi cosa faremo insieme mi andrà bene; invece finisco per sembrare sempre una tirella spocchiosa. Cercherò di dargli tutto l’amore che non riesco a trasmettere ora durante il mio soggiorno là.
La mia impressione sulla famiglia è veramente positivissima!*^*
La prima mail che SX-SAN mi ha mandato conteneva le foto dei tre pargoli con tanto di descrizione tradotta in italiano con il google translate. Ho vomitato cuoricini per una intera settimana e tuttora non so come fare per non farmi sovrastare dalla dolciosità emanata da quei bimbi.
SX-SAN mi sembra un uomo stupendo; è così dolce e sempre pronto a proporre delle cose da fare … non sta affatto sulle sue e si vede che sta cercando di farmi sentire a mio agio e parte della famiglia. Mi ha già chiesto in quale posto vorrei andare a farmi un giro con loro e mi propone un sacco di attività. È sempre pronto a parlarmi di sé ... Sembra così cordiale!
Purtroppo della mamma non ho né una foto né una mail, ma avrò tempo per conoscerla ...
SX-SAN mi ha già detto che la prima sera che arrivo mi faranno un Takoyaki Party. Quando me l’hanno detto ho pianto di felicità.
Da quanto ho capito dalle varie mail il lavoro dei miei è avvolto in una nuvolina densa di nebbia. Non devono essere proprio dei poveracci, visto che possiedono una decina di case in America, che affittano in continuazione… meglio così xD. Mi riuscirei a spiegare anche il perché hanno scelto la mia scuola in un covo di ricconi come Ashiya. Ma ok, non voglio che i miei pregiudizi verso i ricchi mi facciano avere un’immagine sbagliata. Per ora la mia famiglia è ciò che di meglio potevo sperare. Penso che mi troverò davvero bene e che, grazie a questo scambio di mail arriverò in Giappone con un bagaglio lessicale e linguistico un po’ più ampio di adesso.
Spero di poter aggiungere presto nuovi dettagli, ciao ciao cari lettori.

sabato 8 giugno 2013

Post ricaricato #1

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DeederVel (Mattia Dui)



Storia di come la pallina magica è arrivata in Giappone e la nostra eroina abbia finalmente una famiglia, una casa e una scuola nel Paese del Sol Levante.


Ebbene sì.
Pare che la pallina magica che ho lanciato verso est poco meno di un mese fa sia arrivata a destinazione.
Mi sono sorpresa che ci abbia messo così poco, pensavo davvero che avrei saputo il nome della mia famiglia e della città in cui avrei vissuto solo pochi giorni prima di partire,,,
Diciamo che i giorni precedenti alla rivelazione sono stati un po' strani.
A scuola ora più che mai mi sento circondata da sconosciuti. Vi assicuro che, se da una parte è meglio così visto che non sentirò troppo il dolore del distacco (salvo qualche eccezione), dall'altra però ti senti proprio un guscio vuoto, una tenda da campeggio messa lì e subito tolta. Non appartenere a quel posto, non appartenere a quelle persone... mi sono domandata se sono così arida dentro.
Perchè non penso che i miei mi mancheranno, perchè lascio tutto così a cuor leggero? Non voglio che in Giappone io sia solo qualcosa di passaggio, una tenda smontabile... io voglio amare quanto più possibile, d'ora in poi.
Accompagnata da questi sentimenti, la sera del mio compleanno l'altra ragazza che verrà in Giappone mi ha scritto di aver ricevuto la famiglia. Ne abbiamo parlato un po', e sono stata avvero contenta per lei.
Fortunatamente avevo passato una bella giornata con i miei amici, il che mi ha impedito di essere troppo triste per la mia condizione di orfanella.
Ieri a pranzo però mi è arrivata la mazzata.
Degli altri tre ragazzi che vanno in Giappone, quello con cui credo di aver socializzato di più è Simone. Ahahah, ha tutte le buone ragioni per odiarmi, credetemi. Essendo l'unico con cui ho fatto un briciolo di amicizia, tendo ad asfissiarlo con tutti i miei scleri, le mie ansie e le mie frustrazioni. Credo che la ricompensa per avermi sopportato sarà immensa.
Fatto sta che con lui ci siamo spesso trovati a lamentarci del fatto di non avere una famiglia e, malgrado tutto, mi rassicurava.
È per questo forse che non appena mi ha scritto tutto entusiasta di avere la famiglia mi è caduto il mondo addosso. Ma come, ho pensato, ora con chi sclero? Mi sono sentita sola e indesiderata. Ovviamente ero felice per lui, ed entusiasta! Via via che mi raccontava i miei occhi si trasformavano sempre più in due cuoricini rosa e palpitanti...
Poi però ho iniziato davvero a deprimermi. Per mezz'ora mi sono messa ad elencare tutti i possibili motivi per cui nessuno mi aveva ancora scelta. Dovete sapere che vengo fuori (anzi ci sono tuttora dentro con una gamba) da una situazione difficile, in cui sono arrivata ad odiare anche quello che facevo per il semplice fatto che lo facevo io. E ultimamente sto cercando di riacquistare fiducia in me stessa, ma è difficile e spesso ho delle ricadute.
Ecco quindi che mentre stavo per vomitarmi addosso da sola, immersa com'ero nelle mie fisime da complessata, ha iniziato a squillarmi il cellulare. Infarto.
L'ho afferrato, sul display c'era la scritta Wep. Altro infarto.
Ho risposto in un nano secondo ed è un miracolo che non mi sia sfuggito il cellulare di mano, tanto tremavo.
"P-pronto?"
Mi avranno sicuramente chiamata per domandarmi di nuovo cavolate tipo "quanta paura degli insetti hai?", oppure ci sarà qualcosa di sbagliato per i moduli per il visto...ho pensato.
"Ciao, sei Marta Borracci? sono xxxx della Wep e ti chiamo per darti i primi dati a proposito della tua famiglia ospitante..."
A questo punto ho sentito una lacrimuccia pungermi gli occhi.
E così ho trattenuto il respiro per un minuto buono, poi ho riagganciato ed ho iniziato ad urlare.
Questa è una felicità che solo un exchange student potrà mai provare. Quel momento in cui il tuo sogno prende una forma, dei nomi e delle facce. Solo allora ti sembra davvero realtà!
Tutta la gioia di vedere il tuo sogno concretizzarsi, tutta la voglia di gridare al mondo: ce l'ho fatta, qualcuno mi vuole, qualcuno mi accoglierà!
E soprattutto il sollievo.
Non capirete mai l'ansia finché non la proverete sulla vostra pelle... cinque mesi con il magone e tutti che ti fanno le solite domande a cui non sai dare risposta e tu che, come accidenti fai a non provare neanche ad immaginarti la tua vita laggiù? e allora giù con i veri trip mentali. Il problema è che non essendo sicura di niente dopo devi sempre tornsre alla realtà e ripeterti sempre: non pensarci troppo, che sennò ci rimani delusa. Insomma, è un processo stancante in cui ogni giorno che passa l'ansia aumenta, e aumenta, finché non arrivi a controllare la mail ogni giorno. Senza rendertene conto le vene del tuo collo si intirizziscono e si stringono ogni giorno di più, un po' come l'elastico delle macchinette misura-persone.
Ecco, in quel momento, si sono allentate di colpo e mi è arrivato troppo sangue al cervello.
Dev'essere così, altrimenti non mi spiego quell' urlo da amazzone in battaglia.
La mia prima reazione, dopo, è stata quella di lasciarmi finalmente trascinare per terra dalla gravità e permettere che il mio peso si annullasse contro il pavimento. Mi sono lasciata andare a un pianto liberatorio, interrotto qua e là da delle risate. Sì, una scena da manicomio, a pensarci bene.
Dunque, lasciate un po' che vi spieghi.
La mia famiglia sarà composta da Sxxxx e Kxxxx, i due genitori, e dagli adorabili ( perchè sono adorabili, ne sono sicura!) Mxx, Rxxx e Rxx rispettivamente 7, 5 e 2 anni!
Vivrò in un quartiere non lontano dal centro di Osaka, una delle città presenti nella mia top 10. Area climatica che desideravo, poco distante da Kyoto, con una famiglia bellissima, in una città in cui difficilmente potrò annoiarmi.
Poi, seriamente, quella a cui mi hanno iscritto non è una scuola. E'... Ok, immaginatevi una nave da crociera conficcata nel terreno. Ecco.
La mia scuola è questo mostro qua:
http://www.ashiya.ed.jp/hi/life/facilities.html
Con più tempo le dedicherò un post intero, forse dopo che ci sarò stata... inutile dire che la amo. Non sono mai andata in una scuola così bella, nuova, pulita... la mia scuola sembra una sorta di carcere puzzolente dove non c'è nemmeno un bagno funzionante, figuriamoci se ci trovi la caffetteria gigante, la palestra stile NBA e i campi da tennis... Mpfh.
Non potevo sperare di meglio, assolutamente.
Mi auguro che la mia famiglia risponda presto alla mail che gli ho mandato...

Sono felice! :))

domenica 26 maggio 2013

Date e Pesi Scomodi sulle Spalle

Ecco a voi qualche novità.
No. Non si tratta della famiglia, che, per quanto mi hanno detto, potrebbe arrivarmi anche 10 giorni prima di partire.
Il lato positivo è che oggi ho saputo che me la daranno entro il 18 agosto. Sì, perché pare proprio che partirò il 28 agosto, a meno che non cambino tutto per la seconda volta.
Inutile dire quanto ci sono rimasta male.
Io pensavo di partire almeno un mese prima… così non solo sarò costretta in questo schifo di Paese per un mese in più, ma quando arriverò là non avrò nemmeno il tempo di ambientarmi un po’ e mi avranno già sbattuta dietro un banco di scuola.
In più mi è arrivata tutta la documentazione per la richiesta del visto, e sembra una procedura lunghissima, da latte alle ginocchia,  dove spenderò altri soldi. Non mi sono neppure trovata un lavoretto, ancora…
Tutto questo spendere e spandere sta allargando a macchia d’olio i miei sensi di colpa.


Riguardo al “questo schifo di Paese” di qualche riga sopra, mi sembra comunque opportuno fare una precisazione. Non è la tipica frase riassumibile con un “l’erba dei vicini è sempre più verde”.
E’ che l’Italia è veramente un Paese orribile e senza speranza. In realtà è bello, bellissimo. Abbiamo roba che ci invidiano fino all'altro capo del mondo e io che vivo a Firenze lo so bene, viste le orde di turisti che mi sono allenata a scansare mentre cammino per il centro.
Il punto è che l’italiano medio è un essere non propriamente definibile “civilizzato”. Non dico che le eccezioni non esistano, e mentirei se dicessi che sono poche, però, come dire, non bastano. Senza contare che mentre loro cercano di condurre una vita eticamente decente, l’italiano medio è sempre in agguato per far passare tutti i suoi connazionali per dei barbari ignoranti, disonesti e maleducati.
Oggi, tanto per peggiorare il mio umore già cupo, ecco finalmente che è arrivata la tipica “goccia che fa traboccare il vaso”.
Per qualche oscura ragione oggi Psy è stato invitato a cantare al derby della Roma, e si sapeva come sarebbe andata, lo sapevamo TUTTI.
Insomma, è stato sfottuto e fischiato e come risultato in Corea ora ci stanno un po’ tutti mandando a ca***e. In fumo qualsiasi possibilità di avere un concerto KPOP qui.
Ma a parte questo, insomma…. Che vergogna! Sono troppo triste e disgustata per commentare oltre.
Quel che è certo è che è solo uno dei miliardi di episodi similari di cui ci macchiamo le mani.
All'Estero siamo quelli che votano un miliardario sotto processo che prostituisce le minorenni, quelli dello Stato in cui non funziona niente, manchiamo totalmente di rispetto verso il prossimo, siamo ignoranti e disonesta, pizza, mafia e mandolino.
E voi ve la sentireste di contraddirli? SUL SERIO???
Pensate che all'Estero certe cose succedano? Pensate davvero che all'Estero i bus passino quando vogliono, che dei parlamentari sotto processo si candidino alle elezioni, che si fischino i cantanti stranieri e che la gente non evada il fisco?
Ecco la bandiera che mi accompagnerà in Giappone, una bandiera coperta di spazzatura.
E io potrò anche mettercela tutta per  fare una bella figura, ma cambierà davvero qualcosa?
In tutta sincerità, essere italiana non è niente di cui andare fieri, piuttosto è un peso enorme, qualcosa che vorrei nascondere al resto del mondo; ma è come quando si mette la polvere sotto il tappeto… prima o poi ci inciampi e la vedranno tutti.
Anche se so che il ruolo dell’Exchange Student è anche quello di accollarsi tutti gli stereotipi della propria Nazione e, se necessario, smentirli, in questo momento preferirei davvero essere francese o inglese.
Sì, perché oltre che avere il lavoro dimezzato, probabilmente avrei ancora un minimo di voglia di portare onore e rispetto verso la mia patria.
Io questa voglia l’ho persa da tanto ormai. Rischierei di dire cose in cui non credo se difendessi la mia nazionalità, e mi rifiuto di considerarmi italiana.
Pensate quello che volete sugli italiani, tranquilli, tanto non mi offendo, avete ragione su tutto.

domenica 19 maggio 2013

Compagni di viaggio - parte 1

I miei trovano divertente dissanguarsi il portafoglio, è evidente. Insomma, se non fossero così masochisti probabilmente non avrebbero mai detto di sì alla mia malsana idea di passare un anno in Giappone. 
Ma non credevo che la cosa fosse contagiosa. Beh, non lo so come hanno fatto, ma insomma, ecco qua tutti i regali che valgono una miniera d'oro e che i miei parenti mi hanno fatto per passare il mio bell'anno in Giappone in tutta tranquillità (seh, certo).


Primo regalo: RR. Pearl. 
Ne avevo già parlato qualche post fa, lei è la mia valigia. E' un regalo da parte della mia prozia e in parte della nonna. Inutile dire che la amo esageratamente e che ucciderei per proteggerla. In foto sembra più un pesce arcobaleno che altro, ma vi giuro che dal vivo i mattoncini sono belli grandi e sembra una caramella giapponese. ♥


Secondo regalo: Fabanan, detto Oscar.
E' un fottutissimo Galaxy Tab2, una roba che avevo pure paura di prendere in mano. Appena ho ragionato sul possibile prezzo ho sentito che mi sarebbe potuto venire un infarto, e quindi ho semplicemente chiuso gli occhi e inspirato. I folli dietro a questo gioiellino sono stati i miei in collaborazione con lo zio, da qui lo strano nome Fabanan (Fabiana, Antonio, Andrea). Per gli amici però si chiamerà Oscar.
Il tablet, INDISPENSABILE per vivere in Giappone, mi è stato regalato con tanto di cover verde-stupendo, e lo amo. Ci ho messo più di 24 ore di uso ininterrotto per scaricarlo del tutto ♥



 Terzo regalo: Grandpa.
Mi mancava proprio lei all'appello, la macchina fotografica. La foto è presa da internet perchè logicamente non potevo auto-fotografarla, ma è esattamente così. Qui devo ringraziare il mio nonno paterno, è stato la gentilezza fatta persona ♥ Dal momento che George era già il nome del mio sedere, ho optato per affibbiarle il più semplice nome di Grandpa, che inoltre fa tanto sweet-cute-kawaii ecc ecc ecc...
Grandpa sarà i miei occhi e le mie orecchie... fa addirittura i filmati in HD, cosa che A-DO-RO visto che avevo pure intenzione di fare un bel vlog e comunque di girare tanti bei video del mio anno da exchange student. L'ho già testata e sono più che soddisfatta, inoltre è veramente bellissima.
Sembra professionale ed ha un gusto incredibilmente retrò con quel flash apri-e-chiudi e l'obiettivo sporgente con tanto di tappino *^* *lancia cuori*
Ecco fatto, vi ho presentato i miei tre compagni di viaggio tecnologici.Quelli per cui sto lanciando cuori da due giorni e per i quali mi sto anche sentendo tremendamente in colpa.
Giuro che quando torno mi trovo un lavoro decente e rendo tutto a tutti fino al più minuscolo centesimo.

Ancora nessunissima notizia dalla famiglia. Forse non mi vuole nessuno in Giappone. *si asciuga una lacrima*
Semmai questo stupido blog verrà letto da qualche exchange student in Giappone-wannabe, vorrei che si preparasse psicologicamente al fatto che lo stress e l'ansia inizieranno mooooooolto prima della partenza. MA MOLTO PRIMA.
Finchè non ci sei dentro non puoi capire com'è essere a un passo dal tuo sogno e avere ancora millanta cose da fare, tipo il visto, e sai che dovrai spendere ancora millanta euro e nel frattempo starsene con le mani in mano perchè... perchè la chiave sta tutta in quella maledetta famiglia. Senza famiglia non puoi andare avanti, non puoi fare il visto, non puoi preparare i vestiti, non puoi sapere cosa farai, in che scuola andrai...
E va a finire che stai tre mesi a deprimerti e a sclerare, eccetto i momenti in cui invece che studiare per concludere l'anno decentemente passi il tempo incollata allo schermo di un pc a guardare i vlog di Orangetummy o di Hannah Garrett, a leggere blog di exchange in Giappone e a guardare foto di divise scolastiche mangiando il risotto che ha fatto tua madre con le bacchette.
Sì, ora sclero.
Chiudo qui prima di iniziare a scrivere tutte le cose spaventose che mi passano per il cervello. Adieu miei cari lettori. ♥

lunedì 13 maggio 2013

Storia di una Pallina Magica e del suo viaggio verso il Giappone.


Oggi ho fatto una cretinata assurda. E per assurda intendo che in questo momento a ripensarci mi vergogno davvero di averla fatta.
Ma siccome l’ho fatta, e un motivo c’era, ho deciso di raccontarvela comunque.
Anche solo per rileggerla per conto mio, tra tanto tempo, e trarne le mie conclusioni.
Forse sono solo una pazza, fatto sta che nel tragitto che faccio a corsa tutti i giorni, al ritorno mi capita di correre verso est; lo so perché è pomeriggio, ho il sole alle spalle e proietto l’ombra dritta davanti a me.
Di solito mi limito a pensare cose come: ahah, che buffo, sto correndo verso il Giappone, arrivo!
Oggi però mi sono fermata in fondo alla strada, prima di svoltare. C’è un muretto con una rete che separa la strada da un campo scosceso. Praticamente davanti a me in linea d’aria ci sono le colline, ma sono veramente lontane. E allora che ho fatto?
Mi sono chinata e ho “raccolto” un po’ d’aria, poi ne ho fatto una pallina. Sì, lo so, sono matta, una che si mette a modellare il niente come se fosse pongo.
Fatto sta che ho plasmato questa pallina, e come se non bastasse l’ho lanciata verso le colline, verso est.
La mia pallina è una pallina magica.
Non è fatta di materia, e quindi viaggerà senza mai toccare terra o incontrare ostacoli. Anche adesso è in viaggio. Arriverà in Giappone e cadrà in testa a un membro della mia famiglia ospitante sprigionando tutta la sua magia, e così lei/lui dirà: voglio questa Dafne e solo lei.
Quando riceverò la fatidica mail, saprò che la pallina è arrivata a destinazione.
Non chiedetemi perché ho fatto questa cosa, so solo che la pallina magica c’era davvero.
Certe volte noi esseri umani ci dimentichiamo che la vita non è tutta leggi della fisica e reazioni chimiche. Che crediamo o meno nell'esistenza di Dio, ci sono momenti della vita in cui capiamo che quello che ci sta succedendo dipende per gran parte da tutta una serie di curiose coincidenze, o che quello che ci fa scegliere una persona piuttosto che un’altra non ha niente a che vedere con la teoria della relatività. Certe volte, a distanza di kilometri, sentiamo quello che sta succedendo a un fratello o a un amico.
Perciò ecco, anche se è imbarazzante, io so di aver davvero lanciato “qualcosa” che ora sta viaggiando dritto dritto verso la mia nuova famiglia, e so che farà la scelta giusta.
Ora devo solo aspettare.

domenica 12 maggio 2013

Riflessioni, ansie, scleri, fantasmi del passato.


Ci sono cose di qui che ormai fanno parte di me.
Non so spiegare cosa mi porti davvero, la sera, a salire le scale del mio letto al buio e on inciampare e a tendere la mano sicura di trovare immediatamente l’interruttore della lampadina. O in base a cosa la mattina, con gli occhi impeciati di sonno, trovi a colpo sicuro il mio spazzolino nel mobiletto del bagno.
Sono quelle cose che ci sembrano scontate, ma che a pensarci bene non le potremmo mai fare a casa di altri. Sono quelle cose che, una volta rientrata dal Giappone, saranno rimaste intatte e invariate. Solo che forse riuscirò a farle anche in un’altra casa, a mezzo globo di distanza.
Suppongo che siano proprio queste piccolezze insignificanti che ci fanno sentire di appartenere a un luogo piuttosto che a un altro.
La notte, specialmente, mi sembra di essere l’anima di questi muri.
Quando non ci sarò più e avrò impacchettato tutti i libri e i fumetti, rimbiancato i muri e svuotato l’armadio, forse la mia famiglia starà un po’ male. Come quando muore qualcuno e si constata, dopo il ridicolo tentativo di nascondere tutte le tracce della sua presenza, che non è servito a niente. Che il letto in cui dormiva, la scrivania su cui studiava e i poster che aveva appeso sono rimasti a ricordarci che quelle cose non sono legate né a me né a te, ma a qualcuno che amiamo e che non possiamo abbracciare. In fin dei conti, staranno peggio loro di me.

La mamma ha letto il blog, probabilmente di nascosto.
Lo so perché lunedì scorso se n’è uscita con un: “andiamo a comprare la valigia”. In quel momento ho capito che genere di persona speciale sia mia madre, e quanto io sia fortunata ad averla accanto. Una donna che piuttosto che vedermi in ansia sacrifica l’unico pomeriggio libero di tutta la settimana per accompagnarmi a scegliere la valigia con cui partirò.
Siamo andati in un negozio vicino a via della Scala, e ho comprato una valigia a parer mio bellissima. E’ rigida ed ha un decoro di mattoncini allungati tutti colorati e sfalsati. Al sole, in autobus, brillava. L’ho chiamata R.R. Pearl.
Pearl l’ho scelto con Sabrina, piaceva a entrambe e poi ci rimandava alle mente il “Pearl Sapphire Blue”, il colore dei Super Junior. R.R. invece sono le iniziali della nonna e della zia, visto che la valigia me l’hanno regalata con i loro soldi.
Tutto insieme crea un mix molto sofisticato ed elegante che mi soddisfa alquanto. R.R. Pearl mi piace, sì.

Inoltre dall’inizio della mia tortura chiamata jogging ho finalmente perso circa 4 kg. Non è lontanamente sufficiente, ma inizio a vedere il fisico che si asciuga un po’ e che riprende forma… spero davvero di farcela entro la partenza.
Viola (la mia personal trainer/motivatrice/angelo custode/assassina - dipende dal giorno e dal percorso che mi fa fare) mi dice che una volta dimagrita troverò un ragazzo in Giappone.
Io non lo faccio per trovarmi un ragazzo, però. In realtà i ragazzi giapponesi mi danno l’idea di trovarsi proprio sulla punta della piramide-dei-ragazzi-inavvicinabili, un po’ perché forse sono timidi, un po’ perché le occidentali li irritano con il loro carattere estroverso… non lo so, ecco. So solo che non voglio preoccuparmene, è il MIO ANNO e l’ultima cosa che voglio fare è avvelenarmi il fegato dietro a un ragazzo che mi guarda come se fossi un marziano che balla la tarantella.
In realtà voglio dimagrire per me stessa. Voglio mettermi la divisa e dire: WOW, Dafne, sei stupenda. E’ qualcosa che non mi sono mai detta, ma quel giorno voglio davvero farlo. Voglio camminare per i corridoi nella scuola senza sentirmi un abominio, così tonda rispetto alle altre ragazze che sembreranno degli stuzzicadenti. Sì, durante il MIO ANNO voglio davvero sentirmi bella. Per questo sto lottando contro la pigrizia con tutte le mie forze, e il fatto di riuscirci mi sta facendo acquisire fiducia in me stessa.
Il fatto è che non cambia niente in realtà se sono ragazzi giapponesi, italiani o se vengono da un universo parallelo. Credo che le storie d’amore non facciano per me.

E’ vero, non dovrei dirlo dopo un solo tentativo, ma la mia ultima cotta mi ha distrutto psicologicamente. Lui senza neanche accorgersene mi ha detto e fatto cose che hanno distrutto tutta la mia autostima, tutto il mio amor proprio e tutta la mia voglia di rimettermi in gioco. Non andava bene la mia altezza, la larghezza delle mie spalle, ed ero grassa. Per lui c’era sempre qualcosa che non andava nei vestiti o nel trucco, e mi chiamava Bafne. Mi viene da piangere a ripensarci.
In realtà non gliene faccio una colpa, aveva ragione su tutto. Ancora dopo un anno non me la sento di rinfacciargli niente, visto che non sono cambiata di una virgola; continuo ad essere una stangona con le spalle da armadio, i fianchi larghi e un pessimo gusto nel vestire. Il trucco neanche lo metto più, da allora.
E alla domanda: ti rifarai umiliare così da un ragazzo?, la risposta è no. Anche in giapponese.

Nel frattempo, nessuno mi aggiorna su niente. Mancano 25 giorni di scuola, ma siccome mercoledì vado a Roma con la nonna e il 20 ho il Zertifikat Deutsch, per me sono 23. Mi sembra comunque un’eternità. Un’eternità in cui spero troveranno il tempo per comunicarmi la famiglia. Giuro che sto per morire.
Sinceramente se devo dare una preferenza su come la famiglia dovrebbe essere, non saprei proprio. Un giorno vorrei una sorella ospitante della mia età, un altro mi piacerebbe che per casa girassero dei bambini. Oggi ad esempio vorrei che si avverasse il Sogno.

Il Sogno è un episodio molto inquietante capitato un paio di settimane fa. Trovandoci la domenica a fare colazione tutti insieme, io ho detto: «Stanotte ho sognato il mio fratello ospitante».
Il babbo mi ha guardato sorpreso: «Davvero? Anch'io!».
Confrontandoci risultava dai due sogni che questo famigerato fratello era la stessa persona. La mia età, piuttosto basso, non eccessivamente carino ma aveva l’aria simpatica e soprattutto parlava un po’ d’italiano. Solo un po’. In entrambi i sogni.
Per un paio di giorni ho creduto fosse un segno del destino, ma probabilmente la spiegazione più plausibile è che ci è rimasta sullo stomaco la stessa roba, quella notte. Però un fratello ospitante…
A discapito di quello che ho detto più su, sono stata sempre più brava a fare amicizia con i maschi che con le femmine. L’arte di socializzare con queste ultime l’ho appresa in parte alle medie e consolidata solo al liceo. E’ vero che i maschi giapponesi sono proprio una razza a sé, ma averne un esemplare all'apparenza così disponibile in casa forse mi aiuterebbe a capirli un po’, a imparare il metodo e a fare amicizia anche con qualche esponente meno mordace.

Però alla fin fine chissene frega. Mi basta avere una famiglia, poi può essere anche popolata da canguri nani della Patagonia (?), voglio solo mettere fine a questa ansia insopportabile chiamata “non sapere”. 

giovedì 2 maggio 2013

Notti insonni.


Scritto stanotte, ore 00.27

Non posso dormire. Il letto è un posto scomodo per pensare.
Per quanto cerchi di negarlo io appartengo alla notte;  è il momento in cui non importa quanto stanca io sia, ma i pensieri iniziano a fluire come in un fiume in piena.
Specialmente ora che ricomincia a fare caldo e penso, oddio, fra meno di un mese arriva l’Estate.
E mi giro e rigiro nel letto pensando a come sarà la mia prima notte in Giappone, al paesaggio che vedrò dalla finestra della mia camera quando, non riuscendo a dormire, mi alzerò per mettermi a scrivere nel cuore della notte.
Pensavo di essermi immaginata tutto in questi due anni e invece mi rendo conto di non aver immaginato niente. Ci sono così tante cose a cui non ho pensato…
Come la divisa, eh?! Per mesi e mesi mi sono concentrata sul fatto di volerla indossare ad ogni costo fino al punto di realizzare solo un mese fa che avrei dovuto perdere 10 kg per portarla decentemente.
Non ho nemmeno la valigia.
Devo organizzare talmente tante cose ancora che a pensarci mi viene da piangere, e spenderò così tanti soldi…. Sto odiando ogni centesimo che sto facendo uscire dalle tasche dei miei, ultimamente. Questo mi ricorda che devo anche trovarmi un lavoretto.
Con questo nervosismo addosso, i dubbi, i punti interrogativi, l’impazienza di sapere… come si presume che io dorma? Forse un giorno rileggendo tutto questo mi riderò in faccia. Lo spero.
Spero di non ricordare questo momento.
L’ansia opprimente che mi fa venire i dolori intercostali, il peso sul petto, le lacrime di stizza sempre pronte a uscire. Il rendersi conto che non è normale, cavolo, stare così quando ancora mancano almeno tre mesi alla partenza, e nonostante ciò non riuscire a smettere.
Voglio un nome, un cavolo di nome. In modo da dire: “vado nel posto XX, so cosa mettere in valigia, so a che prepararmi psicologicamente, quanti fratelli e sorelle ho, come sarà la mia scuola, quanto costerà la divisa e la data della partenza!”
Voglio piangere, giuro. Voglio piangere di frustrazione.
Voglio già essere là con i miei 10 kg in meno, i soldi per la divisa guadagnati, i capelli stirati e niente più compiti di tedesco di cui preoccuparmi. Voglio riuscire a finire tutto e a far passare questi ultimi mesi in un lampo. Voglio, voglio, voglio.
Voglio essere felice.
Sto facendo il conto dei giorni che mancano a finire la scuola, ed è la prima volta che avviene nella mia vita.
Entrando, la mattina, mi assicuro di disprezzarla il più possibile. Io la odio, quella scuola.
Odio la sua facciata grigia che cade a pezzi, i corridoi spogli, i muri sporchi e gli angoli pieni di ragnatele. Odio la mia classe che sembra una prigione, con la lavagna rotta e i banchi vecchi e graffiati tutti appiccicati gli uni agli altri. Odio i bagni. Quei bagni freddi e sempre guasti, con le porte bucate e senza chiave, che mentre fai pipì devi tenerle ferme con i piedi. Odio la loro onnipresente puzza di fumo e la cenere sulla seggetta del water.
E odio i restanti 31 giorni che dovrò passare qui con il chiodo fisso della scuola che frequenterò l’anno prossimo. Una scuola bellissima, grande e pulita, con palestre sconfinate, laboratori, classi spaziose e bagni funzionanti. Sono certa che appena ci metterò piede piangerò di commozione.
Forse se le scuole italiane assomigliassero a scuole vere invece che a vecchie caserme maleodoranti ci sarebbe meno abbandono scolastico. Ma questa è solo una mia supposizione.
Ad ogni modo, 31 giorni. Sembrano un’infinità.
E la divisa. Oh, la divisa! Vorrei tanto potermi pagare da sola almeno quella… è il mio chiodo fisso. Sto facendo un sacco di sacrifici per dimagrire. Sono disposta a tutto, per la divisa. Tutto.
Vorrei una divisa da quando avevo 8-9 anni e guardavo Card Captor Sakura in TV. Posso dire che la mia voglia di vivere in Giappone sia nata proprio così, in realtà.
Sarò talmente emozionata, il giorno che andrò a comprarla… E quindi è fondamentale che vedendomi allo specchio non pensi le solite cattiverie su di me, ma sia soddisfatta. Non è come il vestito del ballo di fine anno per gli statunitensi o l’abito da sposa. Non sarà qualcosa che sceglierò io in modo che si adatti alle mie imperfezioni; è qualcosa in cui devo e voglio con tutto il cuore sentirmi finalmente bella. QUINDI a costo di non mangiare niente per tre mesi, fare tre ore di jogging al giorno invece che una e mezza, uccidermi, tagliarmi via la ciccia superflua con la motosega, io quei kg li perdo entro agosto. Lo giuro, lo giuro!
Domani vorrei svegliarmi e vedere che c’è il sole. E uscita da scuola pensare che mancano 30 giorni e non più 31. Ma la cosa che voglio di più è tornare a casa, accendere il computer, aprire la posta elettronica e vedere che c’è quella maledetta mail.
Ma non succederà.
Domani le previsioni danno acqua e quando rientrerò da scuola sarò troppo annoiata per fare qualsiasi cosa.  E quando riuscirò ad aprire la posta elettronica il massimo che troverò sarà una notifica di twitter. Dovrò aspettare ancora un mese, un mese e mezzo minimo, e intanto io muoio dentro.
Cosa devo farci?
Nel frattempo vivo in un sogno ad occhi aperti senza nomi né facce, senza contorni.
Tre mesi, Dafne. Tre mesi, che vuoi che siano. Volano.

lunedì 15 aprile 2013

Aruku no Dai Suki

“Aruku no dai suki” è forse la frase che esprime meglio il senso della giornata che si è appena conclusa. Significa letteralmente “mi piace camminare”.
Voglio fare di questa frase il mio motto. In realtà non è farina del mio sacco, ma l’ho presa dalla canzone iniziale di “Tonari no Totoro”, però pensando un po’ al nome da dare alla pagina questo mi è sembrato semplicemente perfetto.
In questi tre giorni di seminario a Voghera ho avuto modo di riflettere ancora più a fondo sul grande passo che sto per fare, e per un attimo ho avuto paura. E’ stato un millesimo di secondo, ma tanto è bastato per non farmi sentire più tanto spavalda come prima. Non sono infallibile, e quasi sicuramente passerò dei momenti difficili quando sarò in Giappone.
Poi però è successo che sabato pomeriggio, dopo il breve incontro sul sistema scolastico Giapponese, i miei tre futuri compagni di viaggio, A. (exchange student di Saitama che sta facendo l’anno all’estero qui) ed io ci siamo messi un po’ all’ombra di un albero, sul prato, e che chiacchierando ci siamo ritrovati a canticchiare proprio questa canzone. Può sembrare un momento stupido, ma lo ricorderò per il resto della mia vita. In quell’istante mi sarei voluta mettere a piangere per la gioia e il sollievo.
E anche questa mattina, durante un orienteering sfiancante in cui avevamo il fango alle ginocchia, il sole sulla testa e neanche un goccio d’acqua da bere, proprio a metà di una collinetta ripidissima  e a un passo dallo svenire, A. si è rimesso a cantare.
“Arukou, arukou… watashi wa genki…”, ha iniziato a bisbigliare con il fiato corto. ” Camminiamo, camminiamo… Sono felice…”.
Questo mi ha ridato la forza; pochi minuti dopo, nonostante fossimo allo stremo delle forze, stavamo di nuovo parlando del più e del meno.
Mi sono detta che questa deve essere una canzone magica, una sorta di incantesimo della felicità. Ora non ho più paura.
Sto per vivere il mio sogno, e voglio viverlo nel migliore dei modi, andando avanti a testa alta nonostante tutta la fatica che potrà costarmi.
Perchè più che la salita è ripida, più che sono pronta a camminare.